Diversi videogiochi hanno ricevuto parecchie denunce perché pericolosi per i bambini. Aziende gigantesche sotto la lente d’ingrandimento.
Saper fare impresa vuol dire riuscire ad andare incontro alle esigenze dei potenziali clienti per spingere loro ad acquistare dei prodotti più adatti ad essi. Per fare ciò, quindi, vengono effettuate delle ricerche sui gradimenti delle persone, le quali arrivano a un risultato finale idoneo a rendere allettanti gli articoli da porre sul mercato.
In questo contesto, anche le aziende che ideano un videogioco puntano ad avvicinare quanti più clienti possibili, ma il problema sorge quando questi articoli possono danneggiare un cliente. In questo caso, la platea che fruisce di questi tipi di articoli sono, per lo più, dei bambini, i quali possono essere anche molto fragili, per cui i dirigenti debbono usare il massimo occhio di riguardo per non intaccare la loro incolumità psico-fisica.
Questa volta, però, sembra che certe linee guida etiche non siano state affatto rispettate e proprio per questo motivo sono partite pesanti denunzie contro chi ha ideato e messo sul mercato certi tipi di videogames. In particolare, viene contestato alla Microsoft e ad altre società di aver creato dei prodotti capaci di creare dipendenza, cosa che con un joystick in mano può avvenire molto facilmente. In tal modo, diverse persone rimangono troppo affascinate e si esaltano da ciò che la propria console permette loro di fare e proietta sullo schermo.
Microsoft sotto attacco
Secondo quanto è scaturito da una causa avvenuta in Arkansas, alcune società di videogames hanno causato dipendenza consapevolmente verso i bambini. Per fare ciò, le aziende si sono avvalse di design, grafiche, algoritmi, marketing contenenti tecnologie e funzionalità capaci di poter creare dipendenza.
Un’accusa molto grave nei loro confronti e che vede Microsoft, Acrivision Blizzard, EA, Epic Games e altre società effettuare questo tipo di strategia poco etica e dannosa per la psiche dei loro clienti, specie i più piccoli d’età. Per poter mantenere i giocatori maggiormente coinvolti, si creavano dei progetti basati su dati riguardanti i minori, cicli di feedback e schemi di monetizzazione del tutto predatori.
A fare causa è stata la famiglia Dunn, la quale si è avvalsa del motivo riguardante la dipendenza che diversi bambini hanno verso il mondo dei videogiochi. Anche l’avvocato, Tina Bullock, ha affermato che tale dipendenza può essere molto grave e che va trattata come tale. “Genitori come me possono anche pensare che i figli dipendenti siano un fallimento, ma grazie a questo contenzioso si può far luce sulle azioni riprovevoli di tali aziende”, ha affermato l’avvocato.