In una lunga intervista l’altra metà della leggendaria band è tornato a parlare di quel momento d’oro, senza peli sulla lingua
A 55 anni ha avvertito l’esigenza di sistemare la cronistoria degli 883, fornendo la sua su tanti racconti imprecisi o incompleti. Nel suo libro Non ho ucciso l’Uomo Ragno, Mauro Repetto si racconta riavvolgendo il nastro sul un periodo leggendario per il mondo della musica italiana.
La band formata con Max Pezzali ha lasciato un segno indelebile nella memoria collettiva, continuando a ispirare milioni di persone e nuove generazioni. Ai microfoni di VelvetCinema ha ammesso: “Volevo mettere a posto la mia cameretta, dovevo buttare via dei ricordi per crearne di nuovi. Alla fine ho scelto di raccontarli, piuttosto che cancellarli”.
Era il 1994 quando Mauro Repetto usciva definitivamente dal gruppo. Disse addio al suo compagno d’avventura Max Pezzali senza tanti giri di parole, come spesso raccontato dal cantante nelle interviste: “Era il sabato di Pasqua, ci siamo visti e l’ho salutato dicendo: ‘Ok Mauro, ci vediamo lunedì alle 14’, lui rispose solamente: ‘Max, io credo che me ne andò”. Di questo e di molto altro ha avuto modo di parlare nel suo libro Non ho ucciso l’Uomo Ragno, uscito a settembre per Mondadori.
Spiega di non essersi pentito di quella brusca uscita di scena per andare a inseguire il sogno americano. Qualcuno imputò la rottura a un vero e proprio litigio all’epoca, Repetto nell’intervista concessa ai microfoni di VelvetCinema ha smentito: “Non c’è stato niente. Quando sei il miglior amico di qualcuno non c’è carburante poi, la chimica scema a volte e finisce. Come arrestarsi con la macchina in panne, non c’è più benzina. È una chimica delle coppie, non c’è stata una lite, ma siamo rimasti a piedi senza carburante nella macchina”.
Poi l’argomento della chiacchierata diventano i rapporti odierni, con grande onestà e schiettezza il 55enne ha sottolineato: “Io e Max non ci cerchiamo, tra noi non c’è ipocrisia. Abbiamo avuto un’amicizia talmente forte quando eravamo amici al liceo, compagni di banco, che non ci cerchiamo in maniera artificiale. Ma quando il caso vuole che ci incontriamo ridiamo tanto insieme, quindi si può dire che c’è un bel rapporto”.
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